mercoledì 23 luglio 2008

Al principio deve essere stato piuttosto facile. Un tipo scrive una storia su qualcuno o su qualcosa. Ben inteso, il tipo in questione puo` anche aver deciso di scrivere una storia su se medesimo. In questo caso poteva optare per due soluzioni: identificarsi col personaggio e scrivere la storia in prima persona o , invece, starsene quatto quatto dietro le quinte senza che questo gli impedisse di proiettarsi ed immedesimarsi col suo carattere principale.
Poniamo di essere un giovane impiegato residente a Praga, che ha problemi di salute, un conflitto irrisolto con il padre e un retroterra culurale profondamente ebraico. Non stupisce che il protagonista di un noto racconto, incompiuto in vero, di questo autore porti la prima lettera del suo cognome. E` lui? Non e` lui? Certo che e` lui.
E allora chi ha scritto la storia?
Dove si trova la realta`?Nella pagina o intorno ad essa ?
O oltre? O nel mezzo fra questi due spazi?
Una certa dose di ambiguita` giova alla storia.: l`idea che essa non finisca col libro la rende piu` intrigante. E non siamo ancora nel mondo dei paradossi. In fondo cosa cosa c`e` di strano nella possibilita` che una persona scelga di scrivere di se stessa proiettandosi in situazioni alternative a quelle che sta vivendo, e cammuffando, ma parzialmente, l`identita` della sua creatura?
Ma gia` il rapporto cosi` definito diventa potenzialmente torbido: l` autore puo` riscrivere a costo zero e a zero effetti la sua propria storia.
Rimpicciolirsi o ingigantirsi. Scusarsi o Accusarsi. Sostenersi o annientarsi.
Di piu`: la storia puo` prendere una direzione opposta alla vita o seguirla pedissequamente.
Alterarla, allungarla, acorciarla.
Puo` esplorare tutti i "se" e indugiare su tutti i "ma e i pero'".
E a questo punto non e` ancora entrato nel grande ballo, la figura del narratore.
Era sempre stato presente, ma nessuno aveva deciso dirigere su di lui le luci di scena.
Non bastavano autori e protagonisti?
In realta`, dicono di no. Perche` chi racconta la storia non e` la persona in carne d`ossa che la storia invece la scrive.
Il narratore e`, stando ai mortiferi manuali, il volto sempre diverso che ogni lettore attribuisce all` autore stando agli indizi e alle suggestioni che la storia che sta leggendo muove in lui.
Ancora: la` dove l` autore e` una persona reale e concreta, soggetta al passare del tempo, il narratore e` una voce imperitura destinata a durare finche` ci siano le condizioni di esistenza di un patto narrativo, detto altrimenti fintanto che qualcuno legga la storia.
Tutto questo poteva, e puo`, restare fuori dalle storie che comunemente leggiamo oppure finirci dentro.
Nel primo racconto della trilogia di New York di Paul Auster il protagonista viene erroneamente scambiato da terzi per Paul Auster.
La vittima di questo scambio di identita` si mette allora sulle tracce del vero Paul Auster, che noi sappiamo autore della storia.
Paul Auster in effetti, nella storia, e` uno scrittore il cui profilo corrisponde alle note che dal retro di copertina possiamo ricavare su di lui: basta chiudere il libro.
Stupisce quindi che nulla sappia del personaggio che e` venuto a cercarlo e che, se non ci siamo ingannati, dovrebbe essere a tutti gli effetti una sua creatura.
Qualcuno mente? qualcuno trama nell`ombra?
Forse il narratore che si proclama ex amico dello scrittore e informato dei fatti.
Insomma c`e` venuto un gran mal di testa.
Del resto questo e` un saggio di quello che puo` accadere quando una disciplina scopre la sua grammatica minima e ci si mette a giocare, trasformandola da studio formale a elemento contenutistico. Tentazione questa fortissima.
Senza raggiungere la complessita` di Auster, il gioco puo` essere gestito e gestibile anche lasciando fuori il narratore. L`esempio che mi sovviene sempre a questo proposito e` quello di uno sparuto gruppo di pistoleri in cerca del loro autore, decisi a convincerlo, anche con l`intimidazione a portare a termine cio` che ha incominciato: id est la loro storia.
Certo questo e` il modo in cui uno scrittore americano ricco e affermato, al termine della sua carriera , gioca colla sua immagine pubblica.
Ma quanto si puo` indugiare su una prassi di questo genere prima di trasformare la novita`in un cliche` abusato?
Al di la` dell`interrogativo piu` o meno pertinente occorre riconoscere che lo scrittore circondato dalle sue creature incoraggiato, minacciato, anche vilipeso ha sacrificato, certo momentaneamente, il suo status di autore per quello , non so se piu` o meno ambito, di personaggio.

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