domenica 12 agosto 2007

mostra capolavori del novecento by garret

Domenica 18 Febbraio, si conclude la mostra Capolavori del Novecento italiano, ospitata a Villa Panza, nel locale della Scuderia Grande. Inaugurata il 12 Ottobre 2006, la mostra presenta una quarantina di opere della collezione Gian Ferrari, che la Dottoressa Claudia ha donato al FAI. Esse appaiono qui riunite, prima che un’inevitabile diaspora le porti in altre sedi museali, il che è già accaduto e per le quattro sculture di Arturo Martini, richieste per la mostra monografica sull’autore a Milano (Fondazione Le Stelline) e per l’eccellente de Chirico ( Oreste ed Elettra), reclamato da Padova.
Condizione della donazione della Dottoressa Gian Ferrari al FAI, è che l’intero gruppo di opere sia esposto, in futuro, in un luogo preciso e senza diserzioni. E’ stata scelta, a questo scopo, Villa Necchi a Milano; quella offerta da Villa Panza è quindi una preziosa anteprima.
La mostra propone nomi importanti del gruppo de Il Novecento italiano, formatosi al principio degli anni Venti, sotto l’egida intellettuale di Margherita Sarfatti. Dei sette autori della prima formazione, Marussig, Oppi e Funi compaiono con un’opera ciascuno: Naturisti, in cui si fa centrale lo studio dell’elemento anatomico e la figura umana riacquista tutto il suo peso nella gerarchia supposta dal quadro, Scugnizzo. Oh! La vita!, opera dalla quale, nonostante una scelta rappresentativa quasi fotografica, traspare un sentimento di malinconia e rassegnazione così intenso da sovvertire dal suo interno l’afflato realistico del volto, e Figura di donna, un ritratto di Margherita, sorella di Funi, che, domestica musa ispiratrice, bandisce ogni altro elemento proponendosi sola e unica, e irrimediabilmente sfuggente, signora del dipinto.
Più ampio spazio è dedicato a Sironi, dalle prime esperienze futuriste, all’impegno bozzettistico a quello progettuale nel solco del suo impegno militante per il fascismo; sempre di Sironi La famiglia del pastore, di grande impatto visivo, che propone il tema del lavoro in una geografia astorica ed evocativa e sintetizza la ricerca formale dell’autore nella rappresentazione dell’elemento umano.
Né il novero degli autori accolti nell’esposizione termina qui. Fra gli altri, ampio spazio è concesso alla pittura stenografica di de Pisis e alle nature morte di spiccato sapore metafisico di Savinio, Carrà e Severini. La mostra spazia dalla preistoria di Novecento, rappresentata da autori di stampo futurista come Boccioni o Balla, o di matrice post-impressionista come Gino Rossi, al panorama dei tardi anni Trenta con Fausto Pirandello e Giorgio Morandi, spingendosi fino all’opera di gusto cézanniano del paesaggista lombardo Tosi.
La scelta di esporre le opere della collezione Gian Ferrari, da parte del FAI, a Villa Panza, sembra iscriversi in un preciso disegno e palesare uno scopo altrettanto preciso: creare, cioè, le premesse di un dialogo diacronico fra un’arte riconosciuta ed accettata, come quella degli autori de Il Novecento italiano ,e tendenze più recenti e rivoluzionarie, spesso in linea con il corpo di autori della collezione permanente; tendenze facilmente riconoscibili e felicemente sintetizzate nella precedente temporanea Really really simple, dedicata all’arte ambientale di Richard Long, mostra che prevedeva, tra l’altro, l’utilizzo di ampi spazi del giardino settecentesco della villa.
L’affluenza del pubblico sembra premiare, delle due tendenze, più quella “conservatrice”. Il richiamo di nomi illustri e conosciuti, la possibilità di vedere riuniti autori stimati e apprezzati, ha sempre una forza attrattiva notevole. In attesa di potere fornire le cifre ufficiali attestanti numero e frequenza dei visitatori alla mostra Capolavori del Novecento italiano, una rapida consultazione del libro delle firme e dei commenti nell’anticamera della Scuderia Grande ci illumina sulla loro provenienza e sulle loro reazioni a caldo. Prepotente la presenza italiana, sorretta anche da singoli visitatori francesi, tedeschi ed inglesi e da un nutrito numero di scandinavi. Poche le voci dissonanti, molti gli apprezzamenti: la mostra piace: qualcuno addirittura non ha resistito alla tentazione di improvvisarsi pittore e così, fra nomi e date, giudizi epigrafici o di più ampio respiro, spicca, per esempio, il polipo di Alfred Kubin ironicamente riproposto come un inedito de Chirico.
Eterogenea l’età dei visitatori. Accanto ad un pubblico adulto, appassionato e consapevole, risulta massiccia la presenza delle scolaresche, alcune delle quali certamente attratte anche dall’opzione laboratorio, diversificata a seconda dell’età scolare e volta a una rielaborazione personale e creativa, in veste grafica, dei contenuti assimilati durante la visita.

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