sabato 4 agosto 2007

diario di viaggio...? by c.

Perché diario di viaggio vi chiederete voi? Questi manco sono partiti! Vero verissimo, ma basta allontanarsi dalla definizione stretta per comprendere o almeno giustificare la vanagloriosa etichetta…
Quello che conta è muoversi, Chatwin ne le Vie dei canti pubblica tutta una sua serie di appunti sul muoversi, il viaggiare, il nomadismo..uno dei migliori è senza dubbio la citazione che fa da Kipling: “tutto considerato al mondo ci sono solo due tipi di uomini: quelli che stanno a casa e quelli che non ci stanno”*
Con un pò di presunzione ci si mette nel mucchio di quelli che partono, si muovono vanno a caccia di imprevisto…in fondo a star fermi non succede poi granchè ( fulcro della filosofia orientale volta alla fuga dal dolore) ma guardando indietro alle mie passate esperienze le cose che ricordo con maggior intensità sono i pochi affascinanti, tragicomimici episodi che hanno costellato i miei piccoli viaggi passati, la notte a Skagen (Danimarca), seduti su una panchina gelida, in 4 sotto un sacco a pelo in attesa dell’alba sul bordo del mondo con un riccio a farci compagnia, la notte da sfollati a Praga per l’alluvione del 2003 o la notte allo “phsyco” hotel a Cracovia, la disperata ricerca di un letto in quel di Glengariffe in Irlanda nel 2006, la conseguente scarpinata e la migliore delle colazioni possibili al Vicary Inn di Bantry... posti visti, cibi assaporati, le difficoltà di comprensione con lingue diverse e usi diversi, le emozioni messe a nudo da un ambiente meno protetto di quello di casa…ora la voglia è quella di far diventare quello che finora era stata una parentesi nella vita quotidiana la mia nuova quotidianità, un fuga come la vede qualcuno, senza dubbio avete ragione, ma in fondo credo che a muovere ogni nomade, ogni pellegrino sia la ricerca di qualcosa, cibo, reale o metaforico, un luogo di espiazione o riposo, in fondo una posizione in un mondo che è poi troppo grande per prestare attenzione a tutti…quello che cerco io è una dimensione nuova, prendersi una sorta di anno sabbatico con la presunzione di riuscire a condurre non solo un anno ma una vita sabbatica… In fondo questa è l’unica vita che ho no?


*B. Chatwin, Le vie dei canti, ed. Superpocket, 2005, p.263

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