domenica 26 agosto 2007

info

insomma avrete capito che fra poche ore si lascia la ridente Italia e si inizia l’eterno viaggio verso la terra dei canguri…ora il blog era nato proprio per questo, per essere diario di questa avventura… purtroppo non siamo sicuri di potervi aggiornare con frequenza giornaliera sulle nostre peripezie a testa in giù, quindi prima di partire vi abbiamo lasciato un bel po di materiale nuovo da leggere…confidiamo di riprendere le trasmissioni non appena avremo assorbito il fuso orario!
c. e garret

le cose hanno un volume by c.

Siamo al giro di boa, scatta il conto alla rovescia, il volo parte alle 16.25 e i bagagli sono pronti e, ahimè, immensi..Ebbene si, perché, cari lettori, le cose hanno un volume e, a quanto sembra, un volume non trattabile, ecco quindi che ieri dopo aver tergiversato un paio di giorni, mi sono trovata faccia a faccia con il mio zaino da 70 litri e con la montagna di vestiti, scarpe, libri e ammennicoli vari che nel corso della settimana avevo accumulato come una formichina zelante. Al primo giro è stato delirio puro, poi dopo ripetute e maledette combinazioni, previa una rigida selezione sono finalmente riuscita a far entrare il mio mondo fisico nell’angusto spazio del magico zaino…mannaggia al mio cromosoma X che mi fa portare 4 paia di scarpe e 300 t-shirt carine..insomma la genetica dovrebbe provvedere… se proprio nasci donna che almeno ti venga assegnata alla nascita una borsa come quella di mary poppins!

zen da post ferragosto by c.

Ferragosto è passato, il grosso dei miei concittadini è tornato dalle ferie abbronzato ma nervoso, e l’altra sera come me, è stato testimone di un episodio ben strano ma che dovrebbe far riflettere.
Erano circa le quattro del pomeriggio, io camminavo per strada e ad un tratto ecco la scena che mi vidi davanti agli occhi: una ragazza suppergiù della mia età alla guida di una punto color cristallo era ferma tranquilla ad un semaforo, allo scattare del verde però anziché ingranare la marcia e partire come era lecito aspettarsi la giovane automobilista si è ben guardata dal fare alcunché dopo una decina di secondi di attesa la gente in coda dietro di lei ha cominciato a suonare prepotentemente il clacson sacramentando e lanciando improperi nei confronti dell’immobile guidatrice finchè dopo circa un paio di minuti non è scattato nuovamente il rosso. La giovane è allora placidamente scesa dalla propria auto, è salita sul tetto del veicolo e con tutta la voce che aveva in corpo ha urlato: “Vedete???non è successo niente”
Nello stupore più completo la giovane è semplicemente scesa dal tetto, è risalita in auto e al nuovo semaforo verde, come era lecito aspettarsi, ha ingranato la prima ed è partita.

musei d'agosto by garret

Kipling, una volta- scrisse che nel mondo ci sono due categorie di persone: quelli che stanno a casa e quelli che non ci stanno. L’ente museo, per definizione, sembra riguardare entrambe. In estate la città osserva due mareggiate contrarie. si spopola di molti suoi abitanti e si ripopola di visitatori e turisti. Ciò accade anche per Varese che vanta alcuni scrigni preziosi e dintorni pittoreschi.
Ci siamo dunque chiesti in che modo i musei varesini vivano d’estate. Se la loro è veramente vita o invece pura sopravvivenza. Cosa offrono e a chi.Per un’esigenza di praticità e spazio, il campo d’indagine scelto non esce dai confini cittadini. Si può supporre che la visita del potenziale visitatore incominci in centro, non lontano magari da un centro di informazione turistica.
E giusto in centro, in Piazza della Motta, al N. 4, si trova il Museo Civico Archeologico di Villa Mirabello, aperto per il periodo estivo (dal 1 Giugno al 31 Ottobre) dalle 10.30 alle 12.30 e al pomeriggio dalle 14 alle 18. Il museo è chiuso il lunedì, ma il primo sabato di ogni mese posticipa la chiusura alle 22 serali. Cosa offre? Reperti archeologici legati alla nostra zona, molto dei quali provenienti da necropoli, con particolare attenzione alla numismatica. La sezione romana, in particolare,attesta l’assimilazione dei popoli cisalpini al costume romano e si aggiunge e integra la sezione sulla seconda età del ferro. Sarebbe tuttavia sbagliato attendersi un pubblico di soli “addetti ai lavori”, il visitatore tipo è infatti il padre di famiglia, colla stessa a seguito. Il museo vanta una media di una decina di visitatori al giorno, il biglietto costa 3 euro, il ridotto 2, i bambini fino ai 6 anni entrano gratis.
Una seconda tappa potrebbe essere il civico museo d’Arte Moderna e Contemporanea presso il castello di Masnago, anch’esso aperto dalle 10 alle 12.30 e, nel pomeriggio dalle 14 alle 18.30, chiuso il lunedì, ma con apertura serale protratta alle 22 il terzo sabato del mese. Il castello, oltre alla collezione permanente, in cui spiccano alcuni lavori del Tavernari, ospiterà fino al 2 Settembre una temporanea, a cura di Luciana Schiroli, dedicata alle sorelle Grimoldi: Angela, pittrice, e Giovanna, autrice di eclettici abiti-scultura, degni dell’attenzione di Vogue e del plauso di importanti nomi femminili dello starsystem. La mostra funziona? Si può dire di sì, piace soprattutto agli stranieri e ha raggiunto la punta giornaliera di una quarantina di visitatori. Qui il biglietto intero è di 4 euro e il ridotto di 3. Quest’ultimo si applica agi anziani, ma anche ai giovani fino ai 18 anni.
Se il nostro turista potenziale opta invece per una full immersion che possa protrarsi anche tutto il giorno, non può esimersi dal visitare Villa Panza, sul colle di Biumo, a due passi dal centro, dove con un biglietto di 10 euro (che diventano 5 per i bambini dai 4 ai 12 anni e 2 per gli aderenti), si aggiudicherà la visita completa della collezione permanente, del parco e della temporanea dedicata al padre del concettualismo j Kosuth., temporanea che, dalla inaugurazione in sordina il 19 Luglio, ha già portato al museo approssimativamente 2500 persone. Villa Panza, che offre un servizio interno di ristoro, è aperta con orario continuato dalle 10 alle 18 ed è chiusa il lunedì, sebbene nella settimana di ferragosto, lodevole iniziativa, abbia rinunciato al giorno di riposo settimanale. Qui sono moltissimi gli stranieri, accanto allo zoccolo duro rappresentato da francesi e tedeschi, visitatori di area anglofona e qualche giapponese.
Infine è d’obbligo una tappa al museo Baroffio e del santuario del Sacro Monte, in località omonima, che nei sei anni trascorsi dall’apertura al pubblico, registra puntualmente in Agosto il maggior numero di visite, fino a 1000 negli anni passati. L’agosto 2007 si è stabilizzato su una quota leggermente inferiore, complici la meteorologia, con le piogge torrenziali dei giorni passati e la ridistribuzione dei parcheggi nella zona, che per quanto doverosa forse scoraggia i visitatori. Ai tre giorni fissi ( Giovedì , Sabato, Domenica dalle 9.30 alle 12.30 in mattinata e nel pomeriggio dalle 15 alle 18.30) si aggiungono le aperture straordinarie per gruppi, concordabili colla direzione. Il biglietto d’entrata, gratuito per i bambini fino a 6 anni, è di 3 euro, la riduzione ad un solo euro si applica ad una casistica vastissima, a beneficio di anziani, giovani, studenti, comitive di più di 10 persone e una larga tipologia di soci. La permanente, in questi 6 anni di vita, è stata variamente accresciuta da successive donazioni e la sezione di arte sacra contemporanea vanta, accanto agli ottimi Tavernari, Bodini, Guttuso e Sironi, addirittura una madonna con bambino di H. Matisse!
Il nostro potenziale turista, finora piuttosto felice, resterà deluso nel constatare che, a sole poche centinaia di metri , il museo Pogliaghi sia ancora chiuso per restauri, ma la questione che metterà a dura prova il suo intelletto sarà un’altra, mi riferisco all’orario di apertura di Villa Baragiola, dalle 17.30 alle 20.30. Durante l’inaugurazione della stessa , il 6 luglio scorso, si era lasciato intendere che scopo aggiuntivo della mostra fotografica “il racconto del silenzio” sui Sacri Monti prealpini, ospitata nel suo immenso spazio espositivo, dovesse essere proprio quello di promuovere un turismo anche giornaliero verso il Sacro monte di Varese! Lascia anche sorpresi che uno spazio espositivo così grande sarà sacrificato a questo orario fino al 28 ottobre prossimo.

venerdì 24 agosto 2007

Jivaro!-incidente in libreria by garret

Incredibile incidente, ieri pomeriggio, in una libreria del centro. Il nutrito numero di persone presentatosi all’annuale appuntamento per il ritiro libri – si tratta dei libri dei figli, studenti delle scuole medie- è stato accolto da uno dei commessi in maniera del tutto insolita. I libri invece che essere consegnati ai genitori degli alunni sono stati loro lanciati da dietro il banco. Il fatto avrebbe anche potuto essere archiviato come una originale burla. Sfortunatamente la mira del commesso era abbastanza precisa. Ci sono almeno dieci contusi, di cui uno ferito all’occhio destro. Lo sfortunato cliente ha ovviamente minacciato ripercussioni legali contro l’assalitore e la libreria. Non è ancora chiaro cosa abbia scatenato l’aggressività del commesso. Più testimoni asseriscono di averlo sentito gridare in contemporanea al primo –preciso- lancio: “Jivaro!”, o un termine simile. In effetti uno dei proiettili cartacei, ricorrenti nella batteria del lanciatore era il classico della narrativa “I fiumi scendevano a oriente” di Leonard Clark, nelle cui pagine compaiono anche i micidiali guerrieri Jivaro, che nel buio cuore della foresta amazzonica, si dedicano alla paziente e agghiacciante pratica di rimpicciolire le teste dei nemici sconfitti. Fermato e immobilizzato dai colleghi, il folle lanciatore è stato consegnato nelle capaci mani di una pattuglia della polizia. Dalle prime indiscrezioni sembrerebbe che il giovane non fosse assunto regolarmente. Il datore di lavoro non ha voluto commentare il fatto. Oscure, tuttora, le motivazioni del gesto inconsulto.

mostra sui sacri monti a villa Baragiola by garret

In alcuni appunti di viaggio di “Le vie dei canti”, Bruce Chatwin indugia sugli effetti imprevisti dell’avvento e del superamento dell’anno Mille, atteso dai contemporanei con vero e proprio terrore, come limite temporale estremo, a cui un mondo che invecchia –il nostro- non sarebbe sopravvissuto : “Come scrisse il vescovo Glabre in un verso bellissimo <<>>”.
Così fra gli effetti, questi non collaterali e non imprevisti, della Controriforma ci fu il pullulare dei Sacri Monti, di cui la zona insubrica fu ampiamente dotata. La logica estetica dei Sacri Monti è quella di sfruttare le suggestioni di alcuni luoghi paesaggistici come fondale spettacolare per l’ammaestramento evangelico. Dio crea, la chiesa sceglie, il credente stempera il senso di colpa nella commozione per il creato. Non stupisce, poi, che proprio la zona prealpina abbia accolto l’architettura sacra del Sacro Monte, essendo detta zona l’estremo avamposto prima del pericoloso mondo riformato. Il santuario come un forte, le cappelle come una linea di ordinati soldati.
L’inaugurazione di Villa Baragiola (Masnago) coincide con quella, al suo interno, di una mostra che si propone di rilanciare i Sacri Monti, quello di Varese in testa, come luoghi di arte e natura: arte sacra e natura creata.
Massimo Zanello, assessore della cultura in Lombardia, e Attilio Fontana si dicono decisi a sfruttare al meglio la pubblicità prestigiosa che il riconoscimento dell’UNESCO conferisce ai Sacri Monti lombardi e piemontesi e, fra le righe, a farla fruttare economicamente.
Curatore della mostra è Paolo Zanzi che, già dal lunghissimo titolo della stessa, insiste su silenzio e stupore ( l’esatto opposto di quanto la visita inaugurale ha garantito). “L’innocenza negata, il dubbio, lo stupore e l’assenza” sono tre dei suggestivi titoli delle nove stanze -e quindi case, tappe- del percorso, in cui il tema di volta in volta proposto è affrontato affiancando immagini dai diversi percorsi sacri: quello di Ossuccio, di Varallo, Orta, Varese; immagini a loro volta illustrate da versi di Garcia Lorca, Rilke, Quasimodo, Saba e Turoldo.
Tuttavia al di là dell’inseguito e proclamato mistero non può non sorgere qualche perplessità.
Villa Baragiola pare essere la sede ideale di ogni mostra. La razionalità schematica del lungo porticato esterno, la facciata della villa vera e propria in posizione leggermente defilata, l’ampio giardino che la sovrasta, si aggiungono alle caratteristiche dello spazio interno: altrettanto ampio (500mq), scandito e ritmato da una seconda teoria di colonne e ben illuminato. Sfortuna vuole che “ Il racconto del silenzio – lo stupore dell’umano nelle scene misteriche del Gran Teatro dei Sacri Monti prealpini” non sia la mostra ideale.
L’allestimento ignora, invece di sfruttarle, le caratteristiche specifiche del luogo. Porta il buio là dove c’è luce;esaspera, chiude, stringe uno spazio perfetto che altro non chiede di essere lasciato così com’è; non me ne vogliano i curatori ma paiono essere stati vittima del horror vacui!
L’accostamento evocativo di parola poetica e immagini sacrifica un approccio storico, filologico. C’è senz’altro un intento mistico in questa scelta, tuttavia la storia dell’arte, proprio come la storia è fatta di nomi e date, non solo di emozione ,ma anche di informazione.
La mostra, che si protrarrà fino al 28 Ottobre, servirà sicuramente ad uno dei suoi scopi: quello turistico. Tuttavia una mostra d’arte, in uno spazio espositivo di così rara perfezione, dovrebbe cercare di essere qualcosa di più che non la versione artistica di un ufficio turistico.
Di lassù, fra arte e natura, il forestiero resterà sicuramente incantato dalla verde vista di una Varese, che a chi invece conosce il Sacro Monte da prima dell’ UNESCO, continua ad apparire, quanto a scelte culturali, autoreferenziale e provinciale.

firma del progetto isola by garret

Alle 11.30 di ieri, venerdì 13 Luglio, nella sala neoclassica di Villa Recalcati è stato firmato il protocollo d’intesa del progetto Li. So. La, atto al reinserimento sociale e lavorativo delle persone beneficiate dall’Indulto, coll’obiettivo di arginare così il problema di una loro possibile ricaduta nell’illecito e nella malavita. Il progetto si avvale di un piano di intervento finanziato dalla Cassa Ammende del Ministero della Giustizia e dalla Regione Lombardia.E’ quindi un caso in cui lo Stato chiede l’aiuto di un ente territoriale, fornendogli una sovvenzione; intorno al tavolo del protocollo d’intesa si siedono quindi la provincia e il comune di Varese, quello di Busto Arsizioe L’Amministrazione Penitenziaria Regionale della Lombardia, nelle persone di Rienzo Azzi (Assessore al Lavoro e Politiche Giovanili della Provincia di Varese ), Gregorio Navarro (Assessore alle Politiche per la Famiglia e i giovani del Comune di Varese), Luigi Chierichetti (Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Busto Arsizio) e il Dott. Anastasio in vece del Provveditore Regionale per la Lombardia Luigi Pagano, nonché il direttore del carcere di Varese e una collaboratrice di quello di Busto.
L’Accordo siglato riguarda quella parte della popolazione carceraria già graziata, ma ancora ospitata nelle strutture detentive: beneficiare dell’atto di clemenza non è concretamente possibile se l’ex detenuto non trova una situazione favorevole e garantita dalle istituzioni, che ne guidi il reinserimento nella società. Primo obiettivo fornirgli quindi un posto di lavoro, da qui la necessità di agire in concerto cogli enti territoriali e nelle realtà locali. L’aspetto del protocollo che riguarda le “borse – lavoro”, l’inserimento protetto e monitorato in un’attività lavorativa, non vuole essere però puramente assistenziale: è implicito un aiuto continuativo dello Stato, in termini finanziari, solo nel caso la strategia porti a dei risultati reali per tutte le parti in causa.
L’obbligo morale di fornire un lavoro all’ex detenuto per rendere l’Indulto una possibilità concreta, dovrebbe essere completato con la promozione di un dialogo continuo fra carcere e famiglia. Il riscatto sociale dell’ex detenuto è strettamente legato alla possibilità che la sua famiglia possa sapere quali opportunità gli sono offerte.
I carceri di Varese e Busto Arsizio si sono mossi in questa direzione consapevoli che il problema del reinserimento non può essere affrontato improvvisando. Le reali possibilità si costruiscono durante la detenzione, premiando chi si mostra meritevole. Sportelli informativi, agenti di rete, progetti “cerniera” hanno permesso a Varese di accusare in modo quasi indolore la totale mancanza di indicazioni e i ritardi istituzionali che si stanno colmando solo oggi, a un anno dall’Indulto, un anno scandito dalle fasi, stando ai presenti, dell’emergenza e dell’abbandono. Già a Busto, che presenta una realtà sociale differente da quella di Varese, la situazione da affrontare è stata più delicata e difficile, basti riflettere sul dato che dei 123 beneficiati a oggi ( contro i 42 di Varese) ben 68 sono stranieri.

disrodini alla conferenza di Hans Hartung Jr. by garret

Ieri pomeriggio, ospite d’eccezione al salotto della cultura del Caffè Z., il famoso omeopata tedesco Hans Hartung Jr.
L’omeopatia è l’indirizzo terapeutico fondato sul concetto che le forme morbose vadano curate con quei farmaci che, somministrati a persone sane, inducono una sintomatologia analoga a quella considerata. Tale linea di pensiero e di prassi medica sostiene dunque l’uso terapeutico dei farmaci in dosi infinitesimali. Il nostro lettore deve scusare tanta pedanteria da parte di chi scrive, il quale fra l’altro è convinto di fornire un’informazione universalmente conosciuta. E, tuttavia, la conferenza dello stimato professore Hartung si sarebbe sicuramente mantenuta entro i binari del consono e conosciuto, evitandoci anche il fatto di menzionarla nelle nostre colonne, se la cerimonia non fosse stata agitata da un evento imprevisto. Un trentenne di razza bianca, disoccupato e che, non si spiega per quale ragione, qualcuno sosteneva lavorasse per la nostra testata, nel mezzo dell’intervento del luminare, si è alzato dal suo posto in quarta fila gridando come un ossesso. L’uomo sosteneva che il suo corpo si stesse riempiendo di migliaia di minuscole macchie rosse ad una velocità disarmante. Macchie non così minuscole da celarsi al suo sguardo esterrefatto. Tuttavia questa proliferazione di macchie è risultata visibile solo agli occhi del diretto interessato. Il giovane è stato trattenuto per accertamenti clinici e allontanato dalla sala conferenze. Gli agenti investigativi, informati dei fatti per puro scrupolo, sostengono di aver già avuto modo di conoscere il sospetto.

il vino del millenio by garret

Mentre la Società Filarmonica Samaratese esegue L’Inno alla Gioia, con grande impegno di voci e fiati, Leonardo Tarantini e Gianfranco Costa pongono le loro firme in calce ad un inedito documento.
Il documento suggella un impegno ufficiale e l’avvenuto accordo fra il Centro Internazionale della Pace di Assisi, di cui Costa è fondatore e presidente, ed un’enoteca del territorio samaratese che ha prodotto un limitato numero di bottiglie di vino da smerciare per la raccolta benefica di fondi a favore dei bambini di Betlemme.
Le bottiglie sono tutte numerale e recano l’iscrizione “peace Messanger ONU” e a seguire “Per la pace fra i popoli, Assisi Samarate”; vale a dire: i due poli geografici dell’iniziativa, lo scopo, e il riconoscimento della Società delle Nazioni Unite.
Sono d’obbligo due parole sulla cornice: la VII edizione della manifestazione “Il vino del Millennio” si svolge a Gazzada, nella sala congressi della splendida Villa Cagnola, dove il vulcanico professore Giuseppe Giorgetti è riuscito a radunare un nutrito stuolo di affiliati, provenienti da buona parte del territorio nazionale, una Società Filarmonica (quella di Samarate) e una Corale. Si tratta della corale Giuseppe Verdi, fondata a Samarate nel 1927, 27 voci e 5 fiati, la quale in uno dei momenti più toccanti della cerimonia affronta sotto la direzione di Luca Biasio tre celebri cori verdiani.
Il Centro Internazionale per la Pace dei Popoli, con sede ad Assisi, attivo dal 1978, in quasi trenta anni di attività ha riconosciuto il titolo onorifico di Pellegrino di Pace anche a nomi illustri: da Giovanni Paolo II a Patch Adams, da Gorbaciov a Madre Teresa di Calcutta a Pavarotti. Una delegazione del Centro, riuscì ad ottenere udienza a Washington, durante gli anni dell’amministrazione Regan (quando ancora aleggiava il fantasma della guerra fredda) e un’altra era ai piedi del Muro di Berlino, tempo prima che questo crollasse.
Al ruolo diplomatico del Centro della Pace, si unisca l’impegno concreto: il riconoscimento dell’ONU sottolinea infatti l’adempimento e la partecipazione costante alle missioni di pace. Il centro, oggi, è particolarmente attivo nell’aiuto all’infanzia nei paesi sottosviluppati, con varie iniziative, fra cui quella dell’adozione a distanza (10000 bambini adottati).
E tutto questo con il vino? Perché è stata scelta proprio questa bevanda per promuovere l’iniziativa umanitaria? Fra le righe ci fornisce una risposta Monsignore Luigi Mistò quando parla della pace “come bene supremo raggiungibile tramite un dialogo aperto e franco per un reciproco aiuto e in vista di un reciproco arricchimento” e dello scopo che istituzionalmente ha accolto, in quanto direttore di Villa Cagnola, di promuovere un dialogo fra cultura religiosa e laica.
Non solo il vino è prodotto tradizionale della nostra cultura, legato da sempre alla nostra terra, ma è per definizione bevanda laica e religiosa al contempo, simbolo della Passione, ma simbolo reale caldo nel colore, vivificante nell’aroma, privo di quella fredda concettualità di tanto asettico simbolismo odierno.
Esiste forse catalizzatore migliore per una conversazione franca e diretta?

lunedì 20 agosto 2007

mostra di gabriela pagliari by garret

Da sabato 7 a domenica 22 luglio, Gabriela Pagliari, mosaicista, espone alla Galleria d’ Arte Studio Liberty di Angera, in via Garibaldi 18. Le due sale raccolgono una ventina di opere dell’artista Varesina, già ospitata dalla Galleria nel 2001 e nel 2003 e nota e apprezzata nella zona in seguito a mostre tenute dal 1995 ad oggi un po’ovunque: Taino, Besozzo,Gavirate, Laveno, Arcumeggia, senza contare le sortite nel novarese e nel milanese e la presenza continuativa dal 2002 al 2004 a Camogli; giusto per limitarci alle personali ( le collettive ci portano molto più lontano, cito solo la presenza a Arte e Mestieri, presso Expo Montreal, Canada). Ciò a conferma del fascino universale esercitato dell’arte del mosaico, cui l’artista si dedica dal 1994 a seguito del riconoscimento del titolo di Mosaicista e Progettista d’arredo urbano, conferitole dall’Istituto Albe Steiner di Ravenna. Chi però cercasse lo spirito figurativo del mosaico ravennate, nelle opere proposte, resterebbe deluso. Con notevole intuito Gabriella Pagliari libera la vivace cromia del mosaico dalle pastoie della figura tradizionale, valorizzandola attraverso l’accostamento a materiali inediti come acciaio, ferro e legno.
Nel fuoco che scava il legno, così come nel tronco che buca la superficie dell’acqua, nelle tinte ferrose in cui il ciottolo sostituisce e affianca i frammenti di smalto e marmo alludendo ai boccioli dei tulipani, pare rivivere l’esperienza trasfigurata e resa quindi essenziale, dei ritmi e dei colori della vita del lago e del suo entroterra.
La personale è visitabile da lunedì a venerdì dalle ore21 alle 23; il sabato dalle 17 alle 19 e dalle 21 alle 23; la domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle17 alle 19.00

ode alla vita di Pablo Neruda

ODE ALLA VITA
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la firma, il colore dei suoi vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillaregli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande su quello che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento
di una splendida felicità. (Pablo Neruda)

sabato 18 agosto 2007

marsupialmente by c.


Grossi occhi neri, naso schiacciato, orecchie tonde e pelose, una testa molto grossa questi i tratti distintivi del koala!Alcuni scienziati sostengono che il koala sia l’animale con il cervello più piccolo rispetto alle dimensioni della propria testa. Motivo di tale discrepanza fra contenuto e contenente risiede nelle difficili condizioni climatiche australiane; il koala, per sopravvivere, ha infatti sviluppato uno stile di vita a risparmio energetico, la sua alimentazione si basa esclusivamente sulle foglie di eucalipto ( un esemplare adulto ne ingerisce circa 500gr al giorno) tali foglie sono però altamente tossiche così il koala disperde molta della sua energia per digerire la sua unica fonte di sostentamento, ovvio quindi che non possa poi essere anche un campione di ingegno visto l’alto consumo di energia richiesto dal cervello( il cervello è circa il 2% del nostro corpo ma consuma il 20% della nostra energia) ecco quindi che il cervello dei koala si rivela essere, almeno secondo alcuni studiosi, ben più piccolo della loro scatola cranica, circa delle dimensione di una noce e, per evitare di sbattere contro le ossa della testa, risulta placidamente immerso in un fluido. Ora non sorprende l’aria poco sveglia che hanno i koala, questi marsupiali infatti dormono per circa 18 ore al giorno e nelle restanti ore si dedicano alla lenta masticazione delle famigerate foglie di eucalipto. Le loro abitudini alimentari li salvano da molti predatori infatti i koala passano praticamente tutto il loro tempo sui rami degli alberi, di solito incastrati su qualche forcella dei rami, e si muovono solo per cambiare albero, questa loro posizione li tiene così lontano dai maggiori predatori, altro vantaggio della loro dieta è il persistente odore di eucalipto che i koala finiscono per emanare odore che li difende da molti insetti e parassiti.
Lo scorso 10 agosto nei pressi del willandra national park uno di questi pelosi dormiglioni è stato al centro di un ben strano evento. Il koala in questione, che è stato battezzato dalla stampa locale con il nome di Lupp, era stato ritrovato da dei turisti mezzo rintronato a seguito di una caduta da un albero, i viaggiatori ignari delle sue abitudini alimentari lo avevano raccolto e accudito dandogli al posto del solito eucalipto ingenti dosi di una bevanda energetica a base di caffeina, il piccolo Lupp in breve tempo si era abituato alla nuova dieta fino a diventarne praticamente dipendente. Quando infatti i turisti sono dovuti ripartire e lasciare quindi Lupp alle cure di madre natura il piccolo marsupiale è caduto in una vera e propria crisi di astinenza, ha percorso diversi kilometri per raggiungere il centro abitato più vicino e assalire, è davvero il caso di dirlo, il distributore di bibite che ha trovato al drugstore locale. I gestori del negozio incuriositi dall’insolito cliente hanno chiamato immediatamente le guardie del vicino parco nazionale e Lupp è stato catturato e portato in una clinica veterinaria per una cura disintossicante. Al momento non sono ancora noti i danni effettivi che la caffeina ha causato al marsupiale, gli attivisti della Lega di Salvaguardia del Marsupio con sede a Sydeny stanno valutando l’ipotesi di fare causa alla ditta produttrice per spaccio di sostanze eccitanti dannose al bioritmo marsupiale.
immagine tratta da www.imagesaustralia.com

giovedì 16 agosto 2007

il kamikaze cristiano by garret

Puntuale alle 17 e 30 di ieri pomeriggio, Mauro della Porta Raffo, da perfetto maestro di cerimonie, introduce al pubblico comodamente seduto nella sala superiore del Caffè Zamberletti, in Corso Mateotti. gli ospiti invitati al dibattito sul libro “Il Kamikaze cristiano” ( Bietti Editore, 2006 ).
L’autore Angelo Tondini Quarenghi non è fra questi, relegato a casa da una perniciosa influenza di mezza stagione. La circostanza è meno deleterea del previsto: la sua assenza rende infatti il cenacolo paradossalmente più incline a parlare con franchezza.
E’ così che scopriamo che il protagonista di questa storia, nonostante le ripetute smentite dell’autore, gli assomiglia terribilmente; anche lui fotografo freelance, anche lui incline al viaggio come stile di vita.
Lo spiega Tommaso Picone, per la casa editrice Bietti, mentre riassume brevemente la trama della storia: il protagonista un fotografo sessantenne profondamente scontento di sé, insofferente di ogni forma atta a minacciare una ormai inesistente libertà dell’uomo contemporaneo (e quindi tanto della straniante era tecnologica contemporanea, quanto del fondamentalismo islamico) parte per Kabul deciso a mettere in atto un attentato suicida che sia la risposta all’attacco sferrato l1 Settembre contro il mondo occidentale.
Questa è la piattaforma sulla quale vengono chiamati a intervenire Abd Al-Sabur Turrini, direttore generale della comunità religiosa islamica italiana, Shaykh Abd Al-Wahid Pallavicini, presidente della comunità religiosa islamica italiana e Don Luca Violoni, assistente ecclesiastico all’Università degli Studi dell’Insubria.
Kamikaze letteralmente significa “vento degli dei”: sei secoli prima della Seconda Guerra Mondiale il tentativo mongolo di invadere il Giappone fu vanificato da una inaspettata e provvidenziale tempesta, che ne disperse la flotta.
Il titolo del romanzo è chiaramente un ossimoro provocatorio: la figura del kamikaze è certamente quanto di più lontano si possa immaginare dal precetto evangelico del porgere l’altra guancia, ma il ruolo del kamikaze è, in realtà, altrettanto estraneo alla cultura islamica, per lo meno da quella tradizionale. L’Islam infatti, spiega Turrini ,ha alle spalle 14 secoli di tolleranza e il fondamentalismo è un fenomeno piuttosto recente e circoscritto.
Proprio questo è l’errore nel quale incorre il protagonista del libro di Tondini Quarenghi, quello cioé di accettare un giudizio viscerale sull’altro, fomentato da una società globale che nutre il malsano interesse a far apparire come guerre di religione, conflitti che spesso hanno ben altre motivazioni: le religioni, osserva Pallavicini, uniscono e non separano e l’unica vera gihad è quella che il credente conduce contro il proprio io, per elevarsi e somigliare a Dio.
Striscianti conflitti tra civiltà oscillano fra i due estremi del relativismo lassista occidentale e dell’estrema rigidità del fanatismo; recuperare la grandezza delle reciproche tradizioni, mondarle da ciò che a loro si sovrappone rendendole irriconoscibili , dovrebbe essere, spiega Don Luca Violoni, il primo passo per arginare la marea di un malcontento crescente, senza cedere alla tentazione e all’illusione satanica di permettere al nostro intelletto di perdere ogni carattere di sacralità.

domenica 12 agosto 2007

mostra capolavori del novecento by garret

Domenica 18 Febbraio, si conclude la mostra Capolavori del Novecento italiano, ospitata a Villa Panza, nel locale della Scuderia Grande. Inaugurata il 12 Ottobre 2006, la mostra presenta una quarantina di opere della collezione Gian Ferrari, che la Dottoressa Claudia ha donato al FAI. Esse appaiono qui riunite, prima che un’inevitabile diaspora le porti in altre sedi museali, il che è già accaduto e per le quattro sculture di Arturo Martini, richieste per la mostra monografica sull’autore a Milano (Fondazione Le Stelline) e per l’eccellente de Chirico ( Oreste ed Elettra), reclamato da Padova.
Condizione della donazione della Dottoressa Gian Ferrari al FAI, è che l’intero gruppo di opere sia esposto, in futuro, in un luogo preciso e senza diserzioni. E’ stata scelta, a questo scopo, Villa Necchi a Milano; quella offerta da Villa Panza è quindi una preziosa anteprima.
La mostra propone nomi importanti del gruppo de Il Novecento italiano, formatosi al principio degli anni Venti, sotto l’egida intellettuale di Margherita Sarfatti. Dei sette autori della prima formazione, Marussig, Oppi e Funi compaiono con un’opera ciascuno: Naturisti, in cui si fa centrale lo studio dell’elemento anatomico e la figura umana riacquista tutto il suo peso nella gerarchia supposta dal quadro, Scugnizzo. Oh! La vita!, opera dalla quale, nonostante una scelta rappresentativa quasi fotografica, traspare un sentimento di malinconia e rassegnazione così intenso da sovvertire dal suo interno l’afflato realistico del volto, e Figura di donna, un ritratto di Margherita, sorella di Funi, che, domestica musa ispiratrice, bandisce ogni altro elemento proponendosi sola e unica, e irrimediabilmente sfuggente, signora del dipinto.
Più ampio spazio è dedicato a Sironi, dalle prime esperienze futuriste, all’impegno bozzettistico a quello progettuale nel solco del suo impegno militante per il fascismo; sempre di Sironi La famiglia del pastore, di grande impatto visivo, che propone il tema del lavoro in una geografia astorica ed evocativa e sintetizza la ricerca formale dell’autore nella rappresentazione dell’elemento umano.
Né il novero degli autori accolti nell’esposizione termina qui. Fra gli altri, ampio spazio è concesso alla pittura stenografica di de Pisis e alle nature morte di spiccato sapore metafisico di Savinio, Carrà e Severini. La mostra spazia dalla preistoria di Novecento, rappresentata da autori di stampo futurista come Boccioni o Balla, o di matrice post-impressionista come Gino Rossi, al panorama dei tardi anni Trenta con Fausto Pirandello e Giorgio Morandi, spingendosi fino all’opera di gusto cézanniano del paesaggista lombardo Tosi.
La scelta di esporre le opere della collezione Gian Ferrari, da parte del FAI, a Villa Panza, sembra iscriversi in un preciso disegno e palesare uno scopo altrettanto preciso: creare, cioè, le premesse di un dialogo diacronico fra un’arte riconosciuta ed accettata, come quella degli autori de Il Novecento italiano ,e tendenze più recenti e rivoluzionarie, spesso in linea con il corpo di autori della collezione permanente; tendenze facilmente riconoscibili e felicemente sintetizzate nella precedente temporanea Really really simple, dedicata all’arte ambientale di Richard Long, mostra che prevedeva, tra l’altro, l’utilizzo di ampi spazi del giardino settecentesco della villa.
L’affluenza del pubblico sembra premiare, delle due tendenze, più quella “conservatrice”. Il richiamo di nomi illustri e conosciuti, la possibilità di vedere riuniti autori stimati e apprezzati, ha sempre una forza attrattiva notevole. In attesa di potere fornire le cifre ufficiali attestanti numero e frequenza dei visitatori alla mostra Capolavori del Novecento italiano, una rapida consultazione del libro delle firme e dei commenti nell’anticamera della Scuderia Grande ci illumina sulla loro provenienza e sulle loro reazioni a caldo. Prepotente la presenza italiana, sorretta anche da singoli visitatori francesi, tedeschi ed inglesi e da un nutrito numero di scandinavi. Poche le voci dissonanti, molti gli apprezzamenti: la mostra piace: qualcuno addirittura non ha resistito alla tentazione di improvvisarsi pittore e così, fra nomi e date, giudizi epigrafici o di più ampio respiro, spicca, per esempio, il polipo di Alfred Kubin ironicamente riproposto come un inedito de Chirico.
Eterogenea l’età dei visitatori. Accanto ad un pubblico adulto, appassionato e consapevole, risulta massiccia la presenza delle scolaresche, alcune delle quali certamente attratte anche dall’opzione laboratorio, diversificata a seconda dell’età scolare e volta a una rielaborazione personale e creativa, in veste grafica, dei contenuti assimilati durante la visita.

mercoledì 8 agosto 2007

accadde nei dintorni parte seconda by garret

Sensazionali sviluppi nella vicenda del materiale pornografico rinvenuto nella proprietà di un contadino del Brinzio. Giovanni Giovannelli, il contadino nel cui terreno sono stati rinvenuti i reperti, conferma l’ispettore Carlo Decarlo, è totalmente estraneo ai fatti. Ricorderete,infatti, cari lettori, che la scoperta era stata caldeggiata dallo stesso, deciso a fare luce sul mistero di una rudimentale croce di legno comparsa da un giorno all’altro sul limitare più estremo del suo campo. Il timore espresso dal Giovannelli alle autorità competenti e cioè che si trattasse dei resti di un macabro rituale di un gruppo satanista si è rivelato infondato. Non di meno la scoperta rimane eclatante. L’incaricato delle indagini, l’ispettore Carlo Decarlo, ci ha infatti rivelato, in via del tutto confidenziale, che non è da escludere che il ritrovamento possa essere ricollegato all’attività del noto maniaco sessuale, noto certamente quanto a imprese e non per identità, che da anni terrorizza i comuni della circoscrizione montana non disdegnando i borghi più grandi e affollati. La lista delle sue malefatte comprende donne e bambini, animali da pascolo e trasporto. Decisivi per le indagini sarebbero proprio dei cocci, con ogni probabilità, di tazzina, che potrebbero contenere tracce di saliva. Gli esami di accertamento sono stati predisposti colla massima sollecitudine. Ai nostri microfoni Decarlo afferma: “Finalmente abbiamo una pista”.

lunedì 6 agosto 2007

qualche volta ritornano by c.




Non un giocattolo ma un divertente esperimento di fisica, questo lo slogan che pubblicizzava l’Ufo Solar un dirigibile giocattolo molto in voga negli anni ’80.
Di questi oggetti non se ne vedevano da anni ma la scorsa settimana ha fatto scalpore l’avvistamento di un Ufo Solar nei cieli locali. L’Ufo Solar per chi non ne avesse memoria era, come abbiamo anticipato pocanzi, una sorta di dirigibile giocattolo, costituito da un involucro di plastica leggera e di colore nero delle lunghezza di circa 3 metri per poco più di 80 centimetri di diametro; l’Ufo Solar, ideato da Lirio Severini, era stato commercializzato nel 1978 e lo si trovava comunemente in edicola e in cartoleria al modico prezzo di 2.000 lire.
L’enorme “sacchettone” si gonfiava correndo in giardino tenendo l’apertura allargata con le braccia spalancate, una volta gonfio l’ufo si lasciava al sole legato con uno spago e in breve tempo il calore generato all’interno del sacchetto lo faceva librare in aria creando così un dirigibile domestico.
L’emblematico oggetto fu però dichiarato fuorilegge e conseguentemente sequestrato da tutti i negozi nel 1985 perché gli “ufo” rimasti privi di un controllo a terra interferivano con le tratte aeree (sono infatti documentati ben tre casi di mancate collisioni fra questi velivoli e degli aerei di linea). Stupisce quindi che a ben 22 anni di distanza uno di questi incredibili giochi sia stato visto solcare lento e misterioso i nostri cieli, la cosa non ha mancato di attirare una grande quantità di curiosi, nostalgici e stupiti osservatori. Fra i più giovani componenti della folla cominciava a insidiarsi il dubbio di un’invasione aliena, quando Marco Moroni e, che negli anni ‘80 possedeva un Ufo Solar, ha quietato l’assembramento fornendo chiarificatrici spiegazioni sulla natura del velivolo prima che potessero scatenarsi reazioni di panico.
Il volo del redivivo Ufo Solar è durato 2 ore e 45 minuti questo il tempo necessario perché le autorità prendessero drastici provvedimenti in proposito. Dopo aver volato per circa 15 km e mezzo il dirigibile è stato violentemente abbattuto dal campione locale di tiro al piattello Pietro Donati. I poveri resti dell’Ufo Solar sono però misteriosamente scomparsi, inutili le ricerche.
Resta ora il dubbio sul significato del volo in questione, un atto intimidatorio,una bravata o solo un’allucinazione collettiva?


Fonti bibliografiche: animamia.net e arpnet.it
Immagini: gep.alien.de

mostra di elsabetta pieroni by garret



Elisabetta Pieroni, figlia d’arte, a distanza di meno di due mesi, decide di portare di nuovo all’esterno della casa-laboratorio di Via Roma 19, a Barasso, un nutrito corpo dei suoi lavori.
La mostra, questa volta, si terrà presso l’oratorio Giovanni Paolo II, in via 25 Aprile a Solbiate Olona, nei giorni di sabato ( dal tardo pomeriggio alle 23) e domenica, dalle 11.30 in poi.
Accanto ai paesaggi memori delle tonalità vivaci e accese dell’autunno prealpino, ma reinventati con un piglio onirico e naif, la due-giorni presenta il repertorio delle opere realizzate in ceramica,molte delle quali impreziosite dalle tinte scure della cottura Raku. Bassorilievi, vasi , lampade sono frutto di una cura per il dettaglio e il particolare, quasi maniacale e della continua reinterpretazione di alcuni “oggetti guida” fortemente simbolici e immediatamente suggestivi, come la scala o l’albero, variati, moltiplicati, ricontestualizzati. L’esito è quello di un’incantata geografia del fantastico del tutto priva però dell’elemento orrorifico e spaventoso accampato nel profondo di ogni fiaba.
Frutto di estrema cura e paziente lavoro, ogni singolo pezzo testimonia che la fragilità può avere un colore e una forma.
Del resto, come ha scritto un noto autore portoghese, riflettendo trasversalmente sulle nuove strategie di potere e di mercato, applicate alla storia dei materiali e del lavoro artigianale nell’era della globalizzazione: “la terracotta si crepa, si sbecca, si spacca al minimo colpo, mentre la plastica resiste a tutto e non si lamenta, La differenza sta nel fatto che la terracotta è come le persone, ha bisogno che la trattino bene”.

domenica 5 agosto 2007

accadde nei dintorni by garret

Tutti gli abitanti della nostra zona, o quasi, sanno che essa vanta preziosi ed unici documenti litici di epoca preistorica. Nelle nostre ombrose vallate, negli ultimi decenni, sono stati rinvenuti, da parte degli archeologi, numerosi cimeli di altissimo valore storico. Chi però credesse che il terreno che calchiamo non custodisca tesori più moderni, si sbaglierebbe. E se anche non dovesse trattarsi di tesori, quel che vogliamo dire è che chi decidesse di prendere una vanga per esplorare un angolo misterioso del proprio giardino, della propria tenuta o del boschetto al di là del ruscello, quell’angolo che da sempre ci ha più o meno incuriosito, potrebbe fare curiose scoperte.
E’ quello che è accaduto ad un agricoltore in pensione della zona del Brinzio. “Quella croce di legno – ha dichiarato il signor Giovannelli Giovanni alla nostra troupe, era spuntata all’improvviso da un giorno all’altro. Naturalmente la curiosità del Giovannelli non era stata tale da procedere allo scavo e alla riesumazione, finché, almeno, egli non si trovò sensibilizzato ai molteplici casi di messe nere, di cui la nostra testata spesso si è occupata, o simili riti che, si è constatato, prendono luogo nottetempo nei boschi del nostro circondario. In seguito alla lettura di articoli sul problema, pubblicati sul nostro quotidiano l’ex agricoltore ha presentato un esposto alle autorità di polizia locali, che, effettuato un sopraluogo sul terreno, hanno disposto la riesumazione. Sotto la croce, nella terra umida, era adagiata una scatola di cartone di scarpe di una nota marca. Il suo contenuto, una volta aperta, si è rivelato essere un assortimento di circa una ventina di pezzi di materiale pornografico.

mostra di J. Kosuth by garret


Il fatto che Villa Panza sia di nuovo dotata di un servizio caffetteria e ristoro non è certo l’unica ragione per tornare a visitarla. Se ne è accorta la stampa che nel giorno di ieri ha potuto visitare le 13 istallazioni della nuova temporanea ospitata nelle scuderie e visitabile, da oggi, anche dal pubblico. Nuovo, inaspettato ospite delle stagioni estiva e autunnale è Joseph Kosuth, la cui mostra “Arte e Pensiero” si protrarrà fino al 30 novembre 2007.
Ad Anna Bernardini, responsabile della direzione, preme sottolineare che con una mostra come questa, il FAI ( Fondo per l’Ambiente Italiano) si impegna a perseguire una politica di riconoscimento e promozione nei confronti di quei grandi artisti contemporanei che Giuseppe Panza di Biumo ha accolto, negli anni, nella sua prestigiosa collezione.
Se, in termini di temporanee, il 2004 era stato il fortunatissimo anno di Dan Flavin, il 2005 quello del difficilissimo e spiazzante australiano L. Carrol, e il 2006 quello di R. Long le cui grandi istallazioni di pietra, mirabile esempio di Land Art, avevano trovato adeguata collocazione nell’immenso parco settecentesco, ora, il 2007, è dedicato a l pioniere, secondo altri vero e proprio fondatore, dell’arte concettuale. Senza nulla togliere agli artisti monocromi ospitati nella parte permanente della collezione, che rispecchiano gli interessi di Panza nei relativamente recenti anni 80, è un dato che le opere di Kosuth, come quelle di Flavin, appartengono ad un periodo precedente e hanno ampiamente ottenuto quell’ampio riconoscimento di critica e pubblico a cui i monocromi, in parte, ancora aspirano. L’interessamento artistico di Panza per Kosuth risale alla fine dei 60, e oggi l’artista americano, nato nel 1945 a Toledo ( Ohio, si badi), è ormai considerato una sorta di mostro sacro dell’arte contemporanea, con opere sparse su ben tre continenti, numerose partecipazioni alla Biennale di Venezia e ai Documenta di Kassel, contributi, in qualità di insegnante in diverse cattedre europee e americane e una lunga lista di onorificenze ricevute, basti qui citare il francobollo da 3 franchi stampato in suo onore dai francesi nel 1999 o la laurea honoris causa, conferitagli dalla facolta di lettere e filosofia dell’ Università di Bologna nel 2001. Quello che colpisce nel confrontarsi colla biografia dell’artista è una preparazione intellettuale vasta e poliedrica, che spazia dalla filosofia all’antropologia e si addentra in particolare negli ambiti della linguistica e della filosofia del linguaggio. Non stupisce quindi il suo impegno entro l’arte concettuale, la quale sostituisce all’opera, l’oggetto bello e che si mostra appagante allo sguardo, la riflessione sulla stessa, che è poi sempre riflessione più generale sull’arte, veicolata dall’ausilio del linguaggio verbale e spesso supportata dall’immagine fotografica.
“Una e tre sedie”, 1965, propone l’accostamento di una sedie reale, della sua fotografia e della definizione di sedia dal dizionario. Tre significanti per lo stesso significato. La storica opera, che allude volontariamente alla presunta perdita di valore conoscitivo insita secondo Platone nell’arte sempre copia di una copia, così come alla inservibile pipa di Magritte non è presente nelle stanze dell’esposizione, ma altre ne restituiscono lo spirito, valorizzando spesso il loro carattere tautologico: l’opera si limita a riproporre in termini solo formalmente diversi quello che dovrebbe mostrare, è costituita dalle parole che la descrivono: così Clear Square Glass Leaning, anch’essa del 65, ,accosta appunto “ quattro rettangoli di vetro appoggiati”, fortunatamente, loro sì, alla parete di fondo della Scuderia Grande, ognuno dei quali reca impresso una delle quattro parole, in modo da restituire il titolo dell’istallazione.
Una menzione a parte merita Five Five’s, dedicata al minimalista Donald Judd che illumina dai suoi tubi al neon bianco lo spazio della Scuderia Piccola, interamente dedicatole. L’atto del contare fino a 25 è restituito dalla sillabazione delle parole che in inglese indicano i numeri, parole disposte su cinque linee orizzontali, progressivamente più lunghe, ma atte a raccogliere sempre un insieme di cinque unità.
immagine: copyright sergio colombo

sabato 4 agosto 2007

diario di viaggio...? by c.

Perché diario di viaggio vi chiederete voi? Questi manco sono partiti! Vero verissimo, ma basta allontanarsi dalla definizione stretta per comprendere o almeno giustificare la vanagloriosa etichetta…
Quello che conta è muoversi, Chatwin ne le Vie dei canti pubblica tutta una sua serie di appunti sul muoversi, il viaggiare, il nomadismo..uno dei migliori è senza dubbio la citazione che fa da Kipling: “tutto considerato al mondo ci sono solo due tipi di uomini: quelli che stanno a casa e quelli che non ci stanno”*
Con un pò di presunzione ci si mette nel mucchio di quelli che partono, si muovono vanno a caccia di imprevisto…in fondo a star fermi non succede poi granchè ( fulcro della filosofia orientale volta alla fuga dal dolore) ma guardando indietro alle mie passate esperienze le cose che ricordo con maggior intensità sono i pochi affascinanti, tragicomimici episodi che hanno costellato i miei piccoli viaggi passati, la notte a Skagen (Danimarca), seduti su una panchina gelida, in 4 sotto un sacco a pelo in attesa dell’alba sul bordo del mondo con un riccio a farci compagnia, la notte da sfollati a Praga per l’alluvione del 2003 o la notte allo “phsyco” hotel a Cracovia, la disperata ricerca di un letto in quel di Glengariffe in Irlanda nel 2006, la conseguente scarpinata e la migliore delle colazioni possibili al Vicary Inn di Bantry... posti visti, cibi assaporati, le difficoltà di comprensione con lingue diverse e usi diversi, le emozioni messe a nudo da un ambiente meno protetto di quello di casa…ora la voglia è quella di far diventare quello che finora era stata una parentesi nella vita quotidiana la mia nuova quotidianità, un fuga come la vede qualcuno, senza dubbio avete ragione, ma in fondo credo che a muovere ogni nomade, ogni pellegrino sia la ricerca di qualcosa, cibo, reale o metaforico, un luogo di espiazione o riposo, in fondo una posizione in un mondo che è poi troppo grande per prestare attenzione a tutti…quello che cerco io è una dimensione nuova, prendersi una sorta di anno sabbatico con la presunzione di riuscire a condurre non solo un anno ma una vita sabbatica… In fondo questa è l’unica vita che ho no?


*B. Chatwin, Le vie dei canti, ed. Superpocket, 2005, p.263

venerdì 3 agosto 2007

mostra su J. Kounellis by garret


Il giorno 11 di Marzo 2007 si concluderà a Milano, la mostra di Jannis Kounellis “Atto Unico”, dopo un mese di proroga dovuto al suo certo successo.
La mostra dell’artista greco, italianizzato, è ospitata nei vasti ambienti della Fondazione Arnaldo Pomodoro, in via Solari nella zona fra Porta Genova e San Agostino, ambienti sapientemente ricavati nella ex fabbrica delle turbine della ditta Riva & Calzoni.
Una location perfetta, dai soffitti altissimi e orchestrata su tre piani, uno dei quali cela gli archivi e la biblioteca della fondazione.
L’immenso spazio interno disarma chi, provenendo da un esterno urbano e incolore, si scontra con un’impressionante estetica del vuoto.
Vuoto gestito con misura e discrezione da Kounellis, attraverso le sue installazioni.
L’artista, ormai settantenne, è attivo sulla scena italiana dall’esplosione della PopArt in ambiente romano, negli anni sessanta, è già precursore, per certi versi, di quell’arte povera che si affermerà a Torino dal 66 in poi, è partecipe della corrente concettuale, come dimostrano alcune sue scelte, quale quella di inserire elementi presi di peso dalla natura, elementi organici e viventi quindi, nello spazio “civile” delle gallerie; emblematico e a suo tempo di grande risonanza –era il 1969 - l’esperimento, a Roma, coi cavalli.
Il Kounellis che espone oggi alla Fondazione Arnaldo Pomodoro non è più quello dei “componimenti visivi”, degli esordi, negli anni cinquanta, quando proponeva, accostati nelle sue tele, numeri e lettere, quasi a voler formare alfabeti costruttivisti, in cui gli elementi minimi parevano più scelti per la loro veste grafica, che non per il loro supposto significato, la cui perdita era un tutt’uno colla perdita del loro contesto di appartenenza.
E’, al contrario, un artista approdato dal grafema all’installazione; questo, in parte, nonostante le sue affermazioni di poetica riguardo alla centralità della pittura nella sua personale vicenda. Di esplicitamente pittorico nella mostra Atto Unico, titolo che paradossalmente ripropone quello dell’omonima mostra tenuta nel 2002 alla galleria Nazionale dell’Arte Moderna di Roma, ci sono forse solo le quattro chiazze di smalto nero, che sporcano, in altrettanti luoghi, un pavimento altrimenti troppo esteso e troppo candido. La macchia di colore, realizzata dal gesto subitaneo dell’artista, come ben mostra il video che Ermanno Olmi ha girato inseguendo l’artista durante il sofferto lavoro di allestimento della mostra, diventa quindi un’inevitabile centro di forza, intorno al quale diviene quasi indispensabile “costruire” qualcosa. Questo espediente innesta sempre un procedere allusivo: al significante, fisso, si collegano diversi significati suggeriti vuoi dal contesto, vuoi dalle soggettività esperienti: la macchia di colore risulta quindi, di volta in volta, puro nodo nevralgico dell’attenzione quando appare isolata, scomoda presenza al centro di sedie (vuote) che la circondano e la scrutano, ombra sfuggente nello spazio sacrale e antico del labirinto.
L’installazione è, in Atto Unico di Kounellis, sinonimo di lessico materiale: se i pannelli di ferro di misura costante (200 ´180 cm) conferiscono regolarità e uniformità, ordine e misura all’insieme (giacché compaiono pressoché in ogni opera, con le più diverse funzioni, quasi fossero il modulo minimo scelto dall’autore), la polvere di caffè, così come i carichi “abbandonati” di carbone, sembrano essere stati scelti proprio per il loro potere sinestetico, per la loro capacità di veicolare sensazioni anche e propriamente olfattive, come a dire che l’opera d’arte contemporanea ha un suo specifico ed indimenticabile odore.
E la lista dei materiali e degli oggetti usati prosegue ancora, eterogenea e a volte eccentrica: piombo, sacchi di juta, carta, legno, frammenti di calchi di gesso, corde, ganci d’acciaio, carcasse di animali (per ovvie ragioni rimosse), libri, lampade a petrolio, coperte militari, campane, pietre.E tuttavia nell’impero dell’uso, o meglio del riuso del materiale dell’era industriale, appare fortissima l’impronta di un’autentica classicità, la vera classicità, quella greca, che Kounellis, nato al Pireo, fa rivivere in modo inedito, ma senz’altro autentico nelle forme spaziali del labirinto e nella sineddoche dell’imbarcazione (Teseo?) a cui alludono il cordame e le ampie vele.
foto tratta da flashartonline.it

mercoledì 1 agosto 2007

parole in libertà by c.


da idiota tecnologica a sbrodolatrice di blog...mi sa che non ci avete guadagnato...vi capita mai di riuscire a sbagliare qualunque cosa, perfino cose banali come deglutire o infilarvi le mutande???bene se vi capita allora mi capite
sono qui in preda a una fase di insoddisfazione permanente che ha investito la mia ultima settimana, come se fossi entrata in un polo di attrazione inverso (esisterà??) dove tutto quello che faccio o decido si rivela costantemente sbagliato...carma difettoso???? farei reclamo ma per come sono messa troverei l'ufficio chiuso!le ultime grosse novità sono:ho una ideosincrasia nei confronti di tutti i dipendenti delle usl (mi segnalano dalla regia che a dizionario si trova idiosincrasia ma voi avete letto bene c'è la "e" cioè oltre a non poterli sopportare oggi non riesco neanche a concepire l'idea, da cui la famigerata "e", che abbiano una qualsivoglia utilità visto che tutti i loro uffici lavorano solo dalle 8 alle 10.30 e a giorni alterni!!!!!), odio la mia ultima produzione di ceramica raku per il semplice motivo che non c'è l'ombra di un craclè in nessuno dei pezzi per colpa un po di uno strato di smalto troppo sottile un po di una cottura inadeguata (e qui spero che al mio maestro fischino le orecchie e non per come ho scritto craclè) e dulcis in fundo non ne posso più delle vaccinazioni che sto facendo in vista del viaggio...si in effetti l'unica grossa novità è il viaggio, il viaggio che mi si dibatteva dentro da anni e che finalmente, incrociamo le dita, prende il volo a fine mese..meta l'australia, terra di koala vie dei canti e raccolta dei manghi... il blog in fondo è nato per questo una specie di diario di viaggio, scatola nera con nastro metallico per scoprire tutti i più scabrosi e celati retroscena di un'avventura che appare ai più una follia (pare infatti che sia alquanto sconveniente andare dall'altra parte del mondo senza nessuna garanzia di lavoro, alloggio e possibile guadagno specie alla veneranda età di 27 (e si va per i 28) anni periodo in cui si dovrebbe aver sviluppato una certo senso della responsabilità) e a qualcuno (vedi mio padre) una scelta da soap-opera o meglio ancora una vera pirlata...meno male che ci sono gli amici che con esclamazioni tipo "figata" o "ganzo" ti risollevano il morale. be l'idea sarebbe quella di registrare un po tutto, pensieri e luoghi, persone e situazioni con parole e immagini...mania di protagonismo o garanzia di esistenza? ci sarebbe da discuterne e credetemi abbiamo un anno di tempo per farlo!