domenica 2 novembre 2008

Accuse

C'è un attimo di silenzio, poi il capo comincia a parlare e Willie White a scrivere. E' ufficiale, sta redigendo un verbale. C'è sempre un qualche fesso che deve scrivere il verbale. Le sue mani si muovono veloci bucando l'oscurità.
Il capo dice:
"Il fumetto non vende. Questo lo sa anche Lei."
Il fatto che mi si rivolga dandomi del lei mi inquieta sempre un po'; dà alla situazione quella nota formale, ufficiale che non potrebbe mancarle. Senza quel Lei la farsa non sarebbe completa e perfetta.
"Ritengo non sia colpa del disegnatore"
Concordo, il disegnatore è bravissimo. Concordo mentalmente, come avrete capito, intanto il capo procede.
"Ritengo invece che sia colpa sua".
Reputo saggio starmene zitto.
Che avrà da scrivere Willie White? Non si dà tregua, scivola così veloce sulla carte che pare impazzito, in preda ad un raptus. Da quasi l'impressione che non stia affatto scrivendo, che stia... che so...Sì proprio così, che stia disegnando, come quei veloci e dotati bozzettisti che vengono chiamati ai processi in cui la stampa e gli obiettivi non sono ammessi.
Il disegnatore della storia io non lo ho mai conosciuto, vive e opera nel più totale anonimato. Niente nomi, nè indiscrezioni. Sul principio credevo di avere a che fare con un'intero team, ma lo stile è troppo uniforme e troppo poco imitabile. Il capo su questo ha ragione: il disegnatore opera al di là di ogni possibile critica. E' anche un tipo preciso per quello che riguarda le scadenze. Dote questa, la puntualità, di solito preclusa ai geni. Ho sempre pensato che fosse una sorta di mostro, di spettro.
Ora che ci faccio caso ogni tanto infila la sua sigla in modo dissimulato in una vignetta: un paio di lettere nell'insegna cadente di un bar, in un graffito lasciato a metà su un muro, in un'assurda onomatopea.
Un doppioW.
Sicuramente una coincidenza.
L'idea di tacere si è rivelata giusta: il capo ha ripreso a parlare. Spero non si interrompa ancora, spero che faccia una tirata unica così da potere uscire da questa tana buia, alla luce del sole il più presto possibile e potermi concedere un caffè doppio o una birra in un'altra tana buia. Si sa questo tipo di incontri aumentano sudorazione e salivazione e un sacco di altre cose, in una parola mettono una gran sete.
"Innanzi tutto - dice il capo- non mi sono mai trovato d'accordo sul taglio della storia. Lei sa bene che non è Nostra abitudine interferire cogli autori, tuttavia, in sede di contratto, le avevo chiesto di adempiere ai criteri che rendono il nostro gruppo unico e concorrenziale, non di stravolgerli.
Ci piacciono storie lineari, chiare, sintetiche.
Pochi personaggi e ben caratterizzati.
Concretezza e rispetto dei generi.
Le avevo esplicitamente chiesto di trattare la tematica aborigena, con un occhio di riguardo a questa gente ai loro usi e costumi, a ciò che di intrigante come popolo possiedono, a ciò che di loro colpisce la fantasia atrofizzata dei cittadini occidentali. Si è abilmente sottratto anche a questo compito.
Le avevo esplicitamente chiesto di limitare al minimo le citazioni. Solo citazioni pertinenti all'argomento e comprensibili dal lettore medio. Lo scopo delle citazioni è invogliare il lettore a comprare testate gemelle o albi arretrati.
Non mi pare che mi abbia dato ascolto, neanche su questo punto, anzi...
Ma quello che aggrava ulteriormente la situazione fino a renderla imbarazzante è che, ci pare, Lei sia stato restio a concludere la storia, in modo dignitoso per noi, per lei e per il suo personaggio, quando gliene è stata data la possibilità.
Di più ha tergiversato adducendo scuse surreali e ha fagocitato ingenti somme stanziate esclusivamente per emergenze - e parlo di emergenze reali- per scorrazzare, a nostre spese, in lungo e in largo per il continente in cerca di un fantasma.

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