domenica 5 agosto 2007

mostra di J. Kosuth by garret


Il fatto che Villa Panza sia di nuovo dotata di un servizio caffetteria e ristoro non è certo l’unica ragione per tornare a visitarla. Se ne è accorta la stampa che nel giorno di ieri ha potuto visitare le 13 istallazioni della nuova temporanea ospitata nelle scuderie e visitabile, da oggi, anche dal pubblico. Nuovo, inaspettato ospite delle stagioni estiva e autunnale è Joseph Kosuth, la cui mostra “Arte e Pensiero” si protrarrà fino al 30 novembre 2007.
Ad Anna Bernardini, responsabile della direzione, preme sottolineare che con una mostra come questa, il FAI ( Fondo per l’Ambiente Italiano) si impegna a perseguire una politica di riconoscimento e promozione nei confronti di quei grandi artisti contemporanei che Giuseppe Panza di Biumo ha accolto, negli anni, nella sua prestigiosa collezione.
Se, in termini di temporanee, il 2004 era stato il fortunatissimo anno di Dan Flavin, il 2005 quello del difficilissimo e spiazzante australiano L. Carrol, e il 2006 quello di R. Long le cui grandi istallazioni di pietra, mirabile esempio di Land Art, avevano trovato adeguata collocazione nell’immenso parco settecentesco, ora, il 2007, è dedicato a l pioniere, secondo altri vero e proprio fondatore, dell’arte concettuale. Senza nulla togliere agli artisti monocromi ospitati nella parte permanente della collezione, che rispecchiano gli interessi di Panza nei relativamente recenti anni 80, è un dato che le opere di Kosuth, come quelle di Flavin, appartengono ad un periodo precedente e hanno ampiamente ottenuto quell’ampio riconoscimento di critica e pubblico a cui i monocromi, in parte, ancora aspirano. L’interessamento artistico di Panza per Kosuth risale alla fine dei 60, e oggi l’artista americano, nato nel 1945 a Toledo ( Ohio, si badi), è ormai considerato una sorta di mostro sacro dell’arte contemporanea, con opere sparse su ben tre continenti, numerose partecipazioni alla Biennale di Venezia e ai Documenta di Kassel, contributi, in qualità di insegnante in diverse cattedre europee e americane e una lunga lista di onorificenze ricevute, basti qui citare il francobollo da 3 franchi stampato in suo onore dai francesi nel 1999 o la laurea honoris causa, conferitagli dalla facolta di lettere e filosofia dell’ Università di Bologna nel 2001. Quello che colpisce nel confrontarsi colla biografia dell’artista è una preparazione intellettuale vasta e poliedrica, che spazia dalla filosofia all’antropologia e si addentra in particolare negli ambiti della linguistica e della filosofia del linguaggio. Non stupisce quindi il suo impegno entro l’arte concettuale, la quale sostituisce all’opera, l’oggetto bello e che si mostra appagante allo sguardo, la riflessione sulla stessa, che è poi sempre riflessione più generale sull’arte, veicolata dall’ausilio del linguaggio verbale e spesso supportata dall’immagine fotografica.
“Una e tre sedie”, 1965, propone l’accostamento di una sedie reale, della sua fotografia e della definizione di sedia dal dizionario. Tre significanti per lo stesso significato. La storica opera, che allude volontariamente alla presunta perdita di valore conoscitivo insita secondo Platone nell’arte sempre copia di una copia, così come alla inservibile pipa di Magritte non è presente nelle stanze dell’esposizione, ma altre ne restituiscono lo spirito, valorizzando spesso il loro carattere tautologico: l’opera si limita a riproporre in termini solo formalmente diversi quello che dovrebbe mostrare, è costituita dalle parole che la descrivono: così Clear Square Glass Leaning, anch’essa del 65, ,accosta appunto “ quattro rettangoli di vetro appoggiati”, fortunatamente, loro sì, alla parete di fondo della Scuderia Grande, ognuno dei quali reca impresso una delle quattro parole, in modo da restituire il titolo dell’istallazione.
Una menzione a parte merita Five Five’s, dedicata al minimalista Donald Judd che illumina dai suoi tubi al neon bianco lo spazio della Scuderia Piccola, interamente dedicatole. L’atto del contare fino a 25 è restituito dalla sillabazione delle parole che in inglese indicano i numeri, parole disposte su cinque linee orizzontali, progressivamente più lunghe, ma atte a raccogliere sempre un insieme di cinque unità.
immagine: copyright sergio colombo

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