Alle 11.30 di ieri, venerdì 13 Luglio, nella sala neoclassica di Villa Recalcati è stato firmato il protocollo d’intesa del progetto Li. So. La, atto al reinserimento sociale e lavorativo delle persone beneficiate dall’Indulto, coll’obiettivo di arginare così il problema di una loro possibile ricaduta nell’illecito e nella malavita. Il progetto si avvale di un piano di intervento finanziato dalla Cassa Ammende del Ministero della Giustizia e dalla Regione Lombardia.E’ quindi un caso in cui lo Stato chiede l’aiuto di un ente territoriale, fornendogli una sovvenzione; intorno al tavolo del protocollo d’intesa si siedono quindi la provincia e il comune di Varese, quello di Busto Arsizioe L’Amministrazione Penitenziaria Regionale della Lombardia, nelle persone di Rienzo Azzi (Assessore al Lavoro e Politiche Giovanili della Provincia di Varese ), Gregorio Navarro (Assessore alle Politiche per la Famiglia e i giovani del Comune di Varese), Luigi Chierichetti (Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Busto Arsizio) e il Dott. Anastasio in vece del Provveditore Regionale per la Lombardia Luigi Pagano, nonché il direttore del carcere di Varese e una collaboratrice di quello di Busto.
L’Accordo siglato riguarda quella parte della popolazione carceraria già graziata, ma ancora ospitata nelle strutture detentive: beneficiare dell’atto di clemenza non è concretamente possibile se l’ex detenuto non trova una situazione favorevole e garantita dalle istituzioni, che ne guidi il reinserimento nella società. Primo obiettivo fornirgli quindi un posto di lavoro, da qui la necessità di agire in concerto cogli enti territoriali e nelle realtà locali. L’aspetto del protocollo che riguarda le “borse – lavoro”, l’inserimento protetto e monitorato in un’attività lavorativa, non vuole essere però puramente assistenziale: è implicito un aiuto continuativo dello Stato, in termini finanziari, solo nel caso la strategia porti a dei risultati reali per tutte le parti in causa.
L’obbligo morale di fornire un lavoro all’ex detenuto per rendere l’Indulto una possibilità concreta, dovrebbe essere completato con la promozione di un dialogo continuo fra carcere e famiglia. Il riscatto sociale dell’ex detenuto è strettamente legato alla possibilità che la sua famiglia possa sapere quali opportunità gli sono offerte.
I carceri di Varese e Busto Arsizio si sono mossi in questa direzione consapevoli che il problema del reinserimento non può essere affrontato improvvisando. Le reali possibilità si costruiscono durante la detenzione, premiando chi si mostra meritevole. Sportelli informativi, agenti di rete, progetti “cerniera” hanno permesso a Varese di accusare in modo quasi indolore la totale mancanza di indicazioni e i ritardi istituzionali che si stanno colmando solo oggi, a un anno dall’Indulto, un anno scandito dalle fasi, stando ai presenti, dell’emergenza e dell’abbandono. Già a Busto, che presenta una realtà sociale differente da quella di Varese, la situazione da affrontare è stata più delicata e difficile, basti riflettere sul dato che dei 123 beneficiati a oggi ( contro i 42 di Varese) ben 68 sono stranieri.
L’Accordo siglato riguarda quella parte della popolazione carceraria già graziata, ma ancora ospitata nelle strutture detentive: beneficiare dell’atto di clemenza non è concretamente possibile se l’ex detenuto non trova una situazione favorevole e garantita dalle istituzioni, che ne guidi il reinserimento nella società. Primo obiettivo fornirgli quindi un posto di lavoro, da qui la necessità di agire in concerto cogli enti territoriali e nelle realtà locali. L’aspetto del protocollo che riguarda le “borse – lavoro”, l’inserimento protetto e monitorato in un’attività lavorativa, non vuole essere però puramente assistenziale: è implicito un aiuto continuativo dello Stato, in termini finanziari, solo nel caso la strategia porti a dei risultati reali per tutte le parti in causa.
L’obbligo morale di fornire un lavoro all’ex detenuto per rendere l’Indulto una possibilità concreta, dovrebbe essere completato con la promozione di un dialogo continuo fra carcere e famiglia. Il riscatto sociale dell’ex detenuto è strettamente legato alla possibilità che la sua famiglia possa sapere quali opportunità gli sono offerte.
I carceri di Varese e Busto Arsizio si sono mossi in questa direzione consapevoli che il problema del reinserimento non può essere affrontato improvvisando. Le reali possibilità si costruiscono durante la detenzione, premiando chi si mostra meritevole. Sportelli informativi, agenti di rete, progetti “cerniera” hanno permesso a Varese di accusare in modo quasi indolore la totale mancanza di indicazioni e i ritardi istituzionali che si stanno colmando solo oggi, a un anno dall’Indulto, un anno scandito dalle fasi, stando ai presenti, dell’emergenza e dell’abbandono. Già a Busto, che presenta una realtà sociale differente da quella di Varese, la situazione da affrontare è stata più delicata e difficile, basti riflettere sul dato che dei 123 beneficiati a oggi ( contro i 42 di Varese) ben 68 sono stranieri.
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