lunedì 1 dicembre 2008

Lo statuto societario, questa intricata e magnifica architettura di regole, cavilli e articoli, questo mostro di ingegno che estende i suoi vibranti tentacoli su tutti i casi, le opzioni le possibili situazini, contempla anche la situazione presente: la dove due schieramenti si schierino in parità e non si sia riusciti a pervenire ad un accordo, l'ultima parola, la decisione critica ed effettiva è lasciata nelle mani del soggettista, a meno che questi non sia un semplice sceneggiatore.
Proprio così: il soggettista a cui è negato, come ricorderete, il diritto di esprimere un voto qualora la votazione prometta di risolversi con esito di non parità, diventa il personaggio risolutivo in caso di bilanciamento perfetto e statico delle forze in conflitto.
Traduco: posso finire la storia come più mi aggrada, facendo di mr. Kelly quello che più ritengo opportuno.
Capirete anche voi che lo statuto societario, così vario nella casistica ed imprevedibile nelle risoluzioni della stessa, è veramente un'opera singolare. Si dà il caso, tuttavia, che la sua oggettiva difficoltà non abbia rappresentato un freno al suo attento studio tanto da parte dell'uomo col rubino che del massimo azionista.
Sento improvvisamente i loro sguardi posarsi su di me. E con i loro occhi quelli dei presenti. Sono tornato ad essere il centro caldo del mondo. Eppure percepisco un profondo gelo, una tensione - ehm...- polare.
Anche Willie White ha deciso di rimettersi all'opera e immortala il momento: forse la redazione gli ha affidato la resa grafica di una storia sulla storia del fumetto da finire, un impegno di secondo livello insomma; un'opera verità.
"Secondo le regole dello statuto sta a Lei prendere una decisione". Dice infine il capo parlando al mio indirizzo.
Poi prosegue:" Ha libertà massima quanto agli accadimenti, ma ci sono due clausole".
Si interrompe di nuovo e mi guarda meglio. La voce è chiara e netta, non tradisce emozioni, riprende a parlare:
"L'episodio sarà conclusivo e sarà consegnato entro le 18p.m. di domani."
Le due sintetiche clausole hanno il sapore di un ultimatum.
Poi la voce del capo si addolcisce inpercettibilmente ed egli mi ricorda che comunque caldeggia il noto lieto fine con probabile etc. etc.
L'ottavo nano aspetta fino a questo punto per intercettare il mio sguardo. Lui ha idee del tutto diverse e deve essere anche telepate se riesco ad indovinare i suoi suggerimenti senza che egli debba proferire parola.
Ribadisce la sua posizione, afferma che il lieto fine di cui sopra è impensabile; che è disposto a sovvenzionare personalmente il fumetto, a fare anche una battaglia legale per impugnare la storia e strapparla alla società, che conosce i migliori avvocati, che ha i soldi per pagarli e per pagare quelli della controparte affinchè perdano.
Dice tutte queste cose e altre ancora, non dicendo nulla.
Non è che mi faccia un'impressione molto buona. Mi dà la sensazione che se lo assecondassi finirebbe coll'obbligarmi a scrivere la storia che esattamente lui vorrebbe leggere e vedere propinata al pubblico, in cui da un'episodio all'altro a campeggiare sono lui e la sua famiglia. Mi dà anche l'impressione di volermi avvertire che i suoi sono più di semplici suggerimenti. Ecco sì i suoi suggerimenti, i suoi consigli, le sue proposte sono la bambolina esterna di un sistema cinese che cela al suo interno nè più nè meno che intimidazioni. E' come se dicesse: "hai visto? Non ci facciamo frenare dall'uomo col rubino e dalla sua banda di pagliacci, figurarsi se non sappiamo trattare un pesce piccolo come te". E anche : "fai come ti diciamo noi, fai come ti dico io soprattutto, e vedrai che non avrai da preoccuparti di niente".
Mentre, finalmente, mi allontano dall'edificio mi accorgo di non avere poi così sete. Si è fatto tardi e mi attende una notte di lavoro. Penso che se non avessi incontrato l'ottavo nano e non l'avessi fissato negli occhi, avrei avuto di lui un 'immagine diversa e senz'altro migliore di quella che mi porto a casa; penso che forse il mondo di superficie lo ha cambiato rendendolo diverso da quello che era, così come, parlo dello stesso mondo, deve aver cambiato e trasformato il capo: di lui dicono, quelli che l'hanno conosciuto tempo fa, che era un giovane entusiasta, per quanto già allora esageratamente ambizioso. Mi chiedo che senso abbia lasciare un padrone per trovarsene un altro, riflessione degna di Alack Sinner fra l'altro.
Penso anche che comunque vada a finire tutta questa faccenda io sono comunque destinato a perdere: perdo se vince il capo, ma perdo anche se vince l'ottavo nano.
Ma soprattutto penso che abbandonare la costante sorveglianza nei confronti dell'ex Paul Garret da parte dei nani, sia stata un'imperdonabile imprudenza: se mr. Kelly, di fronte ad un'insuperabile difficoltà, avesse soffiato nel notorio fischietto, nessuno di loro avrebbe potuto sentirlo.
A patto che quei signori vestiti da monaci fossero effettivamente i sette nani.

Nessun commento: